di di Gianna Fregonara, 7/09/2020
Dal Lazio alla Sicilia i presidi chiedono di avere ancora tempo prima di riaprire perché le regole sono arrivate tardi, i banchi non ci sono, le aule non sono pronte e i supplenti chissà se arriveranno.
Ma non era tutto pronto?
«Il 14 si riapre in presenza e sicurezza — risponde Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione in quota Pd —. Purtroppo quest’anno si sommano criticità storiche e problemi legati alle precauzioni anti-Covid. Abbiamo fatto molto e non lasceremo indietro nessuno: se i presidi hanno dubbi o problemi abbiamo messo a disposizione un help desk per aiutarli. Nel decreto sui trasporti abbiamo destinato fondi per 34 milioni oltre ai 70 del decreto agosto perché gli enti locali possano pagare l’affitto di spazi privati da destinare alle scuole. In questa settimana stiamo risolvendo le criticità residuali».
I banchi, che in molte scuole non arrivano prima di ottobre, non sono tanto residuali.
«Oggi riapre la scuola a Bolzano e lì il commissario Arcuri, che sta gestendo la consegna, li ha già fatti arrivare a tutti. Sapevamo che un Paese che produce 200 mila banchi all’anno non può produrne 2 milioni e mezzo in un mese».
Potevate pensarci un po’ prima? Del distanziamento si parla da aprile.
«Avevamo dato 331 milioni alle scuole anche per gli arredi. Poi i presidi ci hanno segnalato l’impossibilità di trovare i banchi e a quel punto abbiamo deciso di centralizzare la gara».
Chi troverà i nuovi banchi rischia di non trovare i professori. Anche per i supplenti ci sono troppi errori nelle graduatorie e si rischia di dover rifare le nomine.
«Abbiamo digitalizzato il sistema di reclutamento e ci sono alcuni errori».
Migliaia, dicono gli uffici scolastici regionali.
«Molti sono simili e dunque si possono correggere».
Perché non si trovano più prof? Sembrava che ci fossero centinaia di migliaia di precari e invece le graduatorie sono vuote.
«È un problema strutturale e sono contenta che ne parlino non solo gli addetti ai lavori. Dobbiamo riprendere il discorso di come si formano i docenti. L’avevamo fatto con la legge 107, ma poi Bussetti l’ha cancellato».
L’idea della riforma era tre anni di tirocinio dopo la laurea e poi il concorso. Ma di concorsi ordinari non se ne riescono a fare più e i neolaureati diventano precari, poi viene la sanatoria…
«Lo so bene, noi avevamo provato a normalizzare il caos. Se si prendono i professori di una stessa classe e si chiede come sono diventati di ruolo, ognuno avrà una storia diversa, chi con le stabilizzazioni, chi con la sanatoria, chi con le scuole di specializzazione».
Con la «Buona scuola» si era detto basta supplentite e invece almeno un terzo dei prof è supplente.
«È vero, purtroppo ogni ministro che viene propone una soluzione diversa e così non si riesce a cambiare nulla. Una volta aperte le scuole, mettiamoci a riscrivere le regole per l’accesso al ruolo. Io cambierei anche la prova: bisognerebbe valorizzare di più le capacità dei candidati di svolgere una lezione».
I sindacati non si metterebbero contro?
«Penso che anche loro avrebbero interesse a trovare un sistema di reclutamento chiaro. È il momento di pacificare il mondo sindacale che ha già molti problemi».
Si riferisce alle critiche della ministra Azzolina?
«La ministra fa il suo mestiere di ministra. Altri fanno campagna elettorale per provare a mettere una bandierina. In questi mesi ho lavorato molto bene con sindaci e governatori di centro destra che sanno che sulla riapertura delle scuole si misura la credibilità del Paese e non di una parte politica».